La figura dell’investigatore privato a Roma e in tutta Italia, come ausiliario del difensore nell’ambito delle investigazioni difensive, era già prevista nel comma 2 dell’art. 38 disp. att. c.p.p .Quest’ultimo articolo era l’unica disposizione riguardante le investigazioni difensive, contenuta nella versione originaria del codice di procedura penale del 1988. In virtù di tale norma si consentiva al difensore di delegare le indagini a “investigatori privati autorizzati”, riconoscendone così per la prima volta il fondamentale ruolo nel processo penale.
Nel testo definitivo del codice del 1988 fu, quindi, inserito l’art. 222 disp. coord. c.p.p., con l’obiettivo di fornire una disciplina transitoria, “in attesa di un complessivo riassetto degli istituti di investigazione privata”, compresa l’autorizzazione a svolgere le attività indicate all’art. 38 disp. att. c.p.p. che dovevano essere rilasciate dal prefetto agli investigatori che avessero maturato una specifica esperienza professionale. Ciò ha comportato il venir meno della prassi, formatasi presso le prefetture, di inserire nella licenza rilasciata agli investigatori di effettuare indagini o ricerche su richiesta della autorità giudiziarie, sulla base di fatti o circostanze che risultino già oggetto di indagine da parte di organi di polizia giudiziaria
Attualmente la regolamentazione della professione degli investigatori è demandata a un disegno di legge approvato a maggio dalla commissione Giustizia del Senato, che non ha, però ancora inserito l’esame del testo nel proprio calendario dei lavori. Quindi si prospettano ancora tempi molto lunghi per vedere la “nascita” di questa legge. Come noi cittadini sappiamo, dopo l’approvazione al Senato sarà la volta della Camera discutere il provvedimento.
Oggi comunque, a distanza di oltre quindici anni dall’entrata in vigore del nuovo codice, e dopo quattro anni dalla legge sulle investigazioni difensive, la normativa sugli investigatori privati deve ancora essere approvata.
L’autorizzazione a compiere investigazioni penali.
Il procedimento autorizzativo fu regolamentato con la circolare 20 ottobre 1989, n. 559/C./26410/ 10089.D.A. (15) del Ministero dell’Interno-Dipartimento della Pubblica Sicurezza, intitolata “Nuovo codice e investigatori privati.
La dottrina ha criticato l’interpretazione offerta dalla suddetta circolare, poiché avrebbe creato una nuova categoria di investigatori privati, autorizzati a svolgere la propria attività esclusivamente nel campo delle indagini difensive, mentre invece la formulazione dell’art. 222 comma 1 disp. coord. c.p.p. sembra presupporre che possano essere autorizzati solamente i soggetti, particolarmente qualificati, che già rivestono in qualità di “investigatori” ai sensi delle leggi di pubblica sicurezza.
Interpretando l’articolo 222, i soggetti autorizzati a svolgere attività di indagine e di ricerca per conto di “privati” possono essere suddivisi in tre categorie: le persone fisiche o gli istituti forniti della licenza prevista dall’art. 134 T.u.l.p.s.,che sono abilitati a svolgere attività investigative estranee alla difesa penale; le persone fisiche che, munite della predetta licenza, sono autorizzate, a svolgere anche indagini per ricercare elementi di prova ai fini della difesa personale; e inoltre le persone fisiche che sono autorizzate a svolgere esclusivamente indagini per le finalità prima indicate nell’art. 38 disp. att. c.p.p. e ora previste nell’art. 327-bis c.p.p.
Il segreto professionale
La dottrina si è chiesta se il segreto vada inteso in senso soggettivo oppure in senso oggettivo. Per quanto riguarda l’oggetto del segreto, occorre rilevare la stretta connessione esistente tra la norma di procedurale (art. 200 c.p.p.) e la norma sostanziale (art. 622 c.p.). Da un lato c’è la necessità di punire la violazione, dall’altro la necessità di coerenza dell’ordinamento giuridico attraverso un delicato equilibrio tra esigenze contrapposte che si fanno sentire nel momento in cui si tratta di tutelare il segreto nel processo.
Occorre il necessario nesso di causalità tra l’attività del soggetto e la conoscenza del segreto. Questo comporta che il segreto, anche se limitato a quanto comunicato in via confidenziale, si estende ad ogni ulteriore conoscenza comunque nell’esercizio della professione.
Il segreto professionale e gli investigatori privati in possesso dell’autorizzazione
Nel 2000 viene estesa la disciplina del segreto professionale nell’ambito dei soggetti che svolgono l’attività forense, agli investigatori privati autorizzati che vanno così ad affiancarsi agli avvocati, ai consulenti tecnici, ai praticanti avvocati ed ai notai e la mancata equiparazione fino è stata una lacuna molto importante per il settore degli investigatori privati.
Sebbene ci siano state norme che hanno cambiato la figura e il lavoro dell’investigatore privato, le lacune sono ancora molte e la strada da fare nell’ambito del segreto professionale risulta essere molto lunga e disseminata di ostacoli da superare.